La nostra avventura lungo le tappe slovene dell’Alpe Adria Trail parte dalla località turistica di Kranjska Gora, famosa anche per le gare di Coppa del Mondo di sci alpino; si tratta di una ridente cittadina che abbiamo raggiunto la sera precedente da Tolmin con una combinazione di viaggi in bus e treno.
Alpe Adria Trail: le quattro tappe in territorio sloveno
L’emozione è tanta che non c’è stato nemmeno bisogno di piazzare la sveglia, eravamo certi di essere in piedi di buon’ora per partire alla grande con questa nuova esperienza ed ovviamente non ci sbagliavamo.
Lunghezza: 30,5 km
Tempo in movimento: 9h02’
Tempo complessivo: 11h01’
Dislivello in salita: 1225 m
Dislivello in discesa: 1438 m
Punto più alto: 1689 m
Punto più basso: 581 m
Cliccando sul pulsante Maggiori informazioni potrete accedere alla pagina di Outdooractive dove è riportato il riassunto della tappa; potrete seguire il nostro percorso ammirando le foto fatte durante l’escursione, scaricare le tracce gpx e kml per non perdervi durante il vostro trekking oltre a tutte le informazioni in formato PDF per averle sempre a portata di mano.
Lo zaino è già pronto e non ci resta che lasciare le chiavi in casa e dirigerci verso il centro di Kranjska Gora, facciamo un veloce passaggio al Visitor Center dove acquistiamo una calamita e vorremmo fare colazione nel bar annesso ma oltre al caffè non c’è nulla da mettere sotto i denti così proseguiamo oltre fino a raggiungere un Mercator, catena di supermercati diffusa in tutta la zona. Acquistiamo delle barrette energetiche, dolci e succo per la colazione mentre non ci prepariamo nulla per pranzo visto che incontreremo dei rifugi lungo il nostro cammino e poi abbiamo il nostro fido formaggio di Planika acquistato a Caporetto. Lasciamo l’abitato di Kranjska Gora e raggiungiamo le rive del fiume Pisnica dove incontriamo il pannello esplicativo della tappa odierna, sarà stata l’emozione ma ci siamo resi conto solo ora, scrivendo l’articolo, che abbiamo fatto il selfie dal lato sbagliato ossia quello della tappa fatta in senso inverso, da Trenta a Kranjska Gora.
Poco male, il succo è lo stesso e soprattutto abbiamo già davanti agli occhi un panorama mozzafiato con il torrente e le montagne innevate del Triglav sullo sfondo. Federico dinanzi ad una meraviglia del genere esclama immediatamente: “Lo so che siamo appena partiti ma, ti scoccia se piazzo il cavalletto?”, ovviamente la risposta non può che essere affermativa così iniziamo entrambi a scattare qualche foto anche se il freddo pungente del mattino ci congela le mani. Terminato il primo turno fotografico iniziamo finalmente a far andare le gambe e proprio mentre ci incamminiamo vediamo un cerbiatto zompettare allegramente nel bosco ed attraversare il torrente proprio davanti a noi; incontriamo subito dopo alcune cascate ed è di nuovo tempo di una sosta ed ovviamente del cavalletto perché giungiamo sulle sponde del lago Jasna che sinceramente immaginavamo fosse in un contesto più intimo, al di fuori del paese, invece di fronte ci sono un grande resort ed altri locali, nonostante tutto lo spettacolo delle montagne che si specchiano nelle acque limpide è impagabile.
Subito dopo il lago si abbandona la strada asfaltata e si prosegue su uno sterrato che fiancheggia il fiume, è da quando siamo partiti che Derio avverte una sensazione di appiccicaticcio alle mani oltre ad avere anche un tantino freddo così spogliandosi per indossare la maglia termica si accorge che mentre facevamo colazione per strada la marmellata del bombolone era colata tutta sulla mano imbrattando le braccia e la felpa tecnica, ecco perché sembrava poco carico di condimento quel bombolone!!! Cerchiamo di pulire tutto con delle salviette e ci rimettiamo in marcia godendoci il sentiero che tra saliscendi passa di fianco al fiume con delle viste fenomenali sulle montagne circostanti. Quando ci viene un po’ di appetito tiriamo fuori il nostro pezzo di formaggio e facciamo uno spuntino!
Continuando a salire incontriamo il rifugio Mihov Dom na Vrsicu ma tiriamo avanti ed alle 11:10 giungiamo alla Cappella Russa dove torniamo in contatto con la civiltà in quanto questa minuscola chiesa in legno è raggiungibile anche in auto dalla strada asfaltata e ci sono dei gruppetti di turisti che ascoltano il racconto di un anziano signore. Dopo le foto di rito riprendiamo il nostro cammino, qui il sentiero diventa impervio perché oltre ad iniziare a salire in maniera più ripida è anche abbastanza sconnesso, è fatto di pietre e radici trattandosi dell’antica mulattiera che portava in cima al Passo Vrsic. Inoltre questo è anche il punto dove ci perdiamo un paio di volte nonostante avessimo la traccia GPS. Avevamo letto nella descrizione della tappa che era la parte in cui la segnaletica lasciava più a desiderare, dobbiamo dire che per il resto delle altre giornate è invece sempre stata impeccabile ed oggi anche la neve ci ha messo del suo a farci perdere le tracce, eh si perché da questo punto in avanti troveremo sempre più neve sul nostro cammino.
La salita continua inesorabile ma è dolce e senza strappi particolari poi il paesaggio fa sentire ancora meno la stanchezza visto che ormai ci troviamo all’altezza di quelle vette che fino a poco fa osservavamo dal basso. Mangiamo metà barretta a testa perché iniziamo a sentire i morsi della fame ma dobbiamo resistere fino al rifugio ed alle 13:15 eccoci ai 1685 metri del Postarski domna Vrsicu dove si scavalla il Passo Vrsic ed inizia la discesa. Il rifugio però è chiuso e ci prende un po’ di sconforto ma a Derio torna in mente quando salì qui in auto tre anni fa con la famiglia incontrando altri due rifugi. Andiamo quindi avanti e ammiriamo il volto della Pagan Girl scolpito sulla roccia; la leggenda narra che questa creatura mitologica profetizzò al figlio di un cacciatore che costui avrebbe abbattuto il favoloso Auricorno, le altre donne dei monti vicini, sentendo questa inaudita profezia, si infuriarono a tal punto da trasformare la malcapitata ragazza in roccia. Subito dopo ci troviamo davanti il rifugio Ticarjev dom na Vrsicu e questo è fortunatamente aperto. Ci sediamo al tavolo ed uno alla volta andiamo in bagno per indossare dei vestiti asciutti, in salita abbiamo sudato parecchio ed ora tira un venticello fresco: ordiniamo due zuppe di funghi veramente deliziose che ci ritemprano e le immancabili due birre per reintegrare i sali minerali, bella scusa vero? Dopo un espresso assolutamente non malaccio siamo pronti a ripartire, percorriamo un paio di tornanti sulla strada asfaltata per poi immergerci in un lunga discesa all’interno di un bosco incantato fatto di torrenti e cascate in mezzo al muschio.
Alle 16 ci troviamo davanti al bivio che porta verso la sorgente del Soca (Isonzo) ed ovviamente non perdiamo l’occasione per andare a dare uno sguardo; c’è un parcheggio con una struttura che funge da bar e negozio di souvenir, da qui inizia una salita costante ed in alcuni casi anche ripida che costeggia a tratti una cascata e nell’ultima parte c’è una ferrata lungo la quale incontriamo una coppia che sta tornando indietro e dobbiamo fare qualche acrobazia per farli passare senza finire giù. Durante una di queste manovre il pantalone di Derio fa “crack” e si apre uno squarcio dalla cerniera fino al sedere, davvero uno spettacolo penoso visto che proseguirà così fino a sera tra l’ilarità incontenibile di Federico. L’ultimissimo tratto, quello che porta alla sorgente è scivolosissimo e non volendo correre rischi inutili ci accontentiamo di scattare una foto senza scendere così torniamo indietro fino al bar che segna l’inizio del percorso: qui Derio vorrebbe approfittare per cambiare i pantaloni ma non ne ha proprio voglia e preferisce proseguire in maniera, diciamo, wild!
Alle 17 ci ricongiungiamo con la Soca che ci accompagna fino a Trenta dove arriviamo alle 18, per stasera abbiamo prenotato la notte nel fienile di un agriturismo appena fuori il paese ma dobbiamo percorrere ancora tre chilometri nel bosco ed iniziamo a pensare se non sia meglio fermarci direttamente qui. Giunti in paese però ci rendiamo conto che ci sono davvero quattro case e se le soluzioni per dormire non mancano il problema si pone per la cena visto che l’unico locale è un ristorante cinese. Decidiamo di tirare dritti fino all’Agriturismo Pri Plajerju e prima di raggiungerlo passiamo dinanzi alla Gostilna Metoja, è qui che ceneremo stasera. Per raggiungere l’agriturismo c’è da compiere un’ultima, ripida impennata e quando giungiamo a destinazione la nostra applicazione ha superato i 30 chilometri. Ci accoglie la proprietaria che ci chiede se siamo realmente intenzionati a dormire nel fienile, questa mattina c’erano quattro gradi e domani non ne sono previsti di più, in ogni modo decide di mostracelo, prima di salire ci fa vedere il bagno al piano di sotto dove ci dice potrebbe mettere una stufetta per riscaldarci durante la doccia, il fienile in sé è invece favoloso, ci sono tante coperte però le finestre ovviamente sono in legno e ci sono diversi spifferi d’aria, la signora ci ricorda che da oltre una settimana nessuno dorme più li ed a questo punto pensiamo che forse sarebbe meglio prendere un appartamento e dopo uno sguardo d’intesa optiamo per questa opzione. La proprietaria ci mostra l’appartamento, nuovissimo, ben accessoriato e con un bel calduccio che non guasta inoltre ci propone di darci un passaggio in auto fino alla Gostilna Metoja, una gentilezza che apprezziamo molto e vista la fame pazzesca che abbiamo preferiamo andare subito rimandando la doccia a più tardi.
Siamo soli nel locale ed ordiniamo due gulash di selvaggina con gnocchi, una bistecca di manzo ed una lubjanska, un’insalata e le classiche due 0,5 di birra che diventano immediatamente un litro a testa nell’arco della cena. Ora non ci resta che rifarci un altro mezzo chilometro a piedi, al buio, per tornare in camera dove dopo una doccia rigenerante ci guardiamo la partita Roma-Juventus sul cellulare per poi crollare in un sonno profondo.
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